Torino Underground Cinefest: i vincitori
Si è appena conclusa la settima edizione del Torino Underground Cinefest e le giurie hanno appena decretato i film vincitori per le due categorie in concorso, lungometraggi e cortometraggi.
La Giuria dei Lungometraggi, composta da Fabrizio Odetto (Presidente), Laura Salvai (Psychofilm) Alessandro Amato, Davis Alfano, Paolo Armao, e Alessio Brusco, ha fatto le sue scelte, così motivate:
Miglior Film: “Echo” di Amikam Kovner e Assaf Snir
“Echo” è il riflesso frammentato di un peccato antico (il tradimento) che viene qui affrontato con estrema originalità e delicatezza, attraverso una narrazione fatta di immagini e suggestioni simboliche, fortemente metaforiche, in cui i personaggi sono avvolti da una penombra emotiva che li spinge a comunicare in maniera indiretta e differita.
La sceneggiatura è di gran pregio, come sublime è la scrittura dei personaggi, così ben caratterizzati ed equilibrati, sul bilico delle loro vite.
La regia, armoniosa ed elegante, non risulta mai invadente e non ha paura dei silenzi.
Una storia potente, carica di un malinconico senso di irrisolto; un mosaico di istantanee in cui ogni tassello alla fine si incastra perfettamente, conducendoci verso una crudele, sublime verità, di fronte alla quale non possiamo fare a meno di interrogarci.
Miglior regia: Ton Van Zandvoort (“Sheep Hero”):
Rendere accattivante un documentario è un’impresa piuttosto ardua. La regia di Ton Van Zantvoort ci riesce in modo superlativo.
La cura per la composizione delle inquadrature rende ogni frame un delizioso dipinto bucolico. La presenza della macchina da presa non risulta mai invadente, riuscendo a dare al pubblico l’illusione di trovarsi davvero lì, in quel preciso momento, assieme ai personaggi (e alle pecore) che popolano questo spaccato di realtà campestre, incorniciato in una composizione fotografica “frame as canvas” mai fine a se stessa.
Per la sensibilità e la profondità con cui affronta il conflitto tra tradizione e innovazione, tra sogno e realtà, tra sicurezza e libertà, tra vita personale e vita sociale, tra mondo interno e mondo esterno, tra semplicità e complessità.
Per l’intelligenza nell’uso semantico duplice del gregge: come gregge reale, fisico, da seguire attraverso i grandi spazi della natura, guidati dai migliori ideali, e come gregge metaforico a cui conformarsi, sacrificando ogni desiderio di libertà.
Per il magistrale utilizzo dell’artificio cinematografico, ben mascherato, quasi invisibile nel raccontare con sguardo discreto una storia necessaria che proietta e immerge lo spettatore nella crudeltà della condizione umana.
Una storia in cui ogni sentimento emerge cristallino, spontaneo, sincero, autentico al limite del commovente.
Migliore Attrice: Yaël Abecassis (nel ruolo di Ella in “Echo”):
Per la classe e la maturità della sua interpretazione, fulcro e cardine su cui poggia l’intera narrazione e intorno a cui ruotano e si arricchiscono di senso tutte le altre caratterizzazioni.
Per l’eleganza e il talento con cui riesce ad esprimere sottilmente il duplice dramma di una donna che si trova, da una parte, a ferire il cuore dell’amato, e dall’altra a patire la sordità emotiva che da esso scaturisce e che sta alla base del suo gesto, incarnando al contempo il ruolo di carnefice e di vittima sacrificale.
Il mondo interiore del suo personaggio si rivela lentamente, rendendo sempre più concreto e meno evanescente l’eco della sua storia, portandoci a concludere che nel tradimento non esiste chi vince e chi perde, chi ha colpa e chi ha ragione, come non esistono la verità e la menzogna. Esistono soltanto anime fragili che si spera possano trovare nei propri errori la forza e il coraggio di sublimare la loro umanità.
Miglior Attore: Adar Hazazi Gersch (nel ruolo di Eden in “Doubtful”):
Per aver accompagnato con efficacia lo spettatore nell’esplorazione del disagio interiore, delle difficoltà relazionali e della rabbia di un giovane problematico con tendenze autodistruttive che, nonostante la sua incapacità emotiva di fidarsi ed affidarsi, è in cerca di un riscatto.
Un’interpretazione straordinariamente equilibrata e intensa, mai sopra le righe che traccia un sottile confine tra Finzione e Verità.
La recitazione di Adar trova il suo punto di forza nella repressione coatta di ogni sentimento empatico; la sospensione emotiva che deriva dal “non detto” porta alla luce la dirompente sofferenza psicologica e il grido d’aiuto inespresso del suo personaggio.
Come una miccia silenziosa, la sua anima brucia lentamente verso l’epilogo, in cui passioni e turbamenti trovano finalmente il loro potente, catartico sfogo.
Menzione Speciale ad Adnan Omerović (attore protagonista e co-sceneggiatore in “Majnuni”):
La poetica visionaria che scaturisce dalla scrittura e dalla diretta interpretazione di Omerović ha sullo spettatore un effetto ipnotico e straniante che merita un giusto riconoscimento.
La straordinaria potenza del linguaggio onirico, unita alla lucida, destabilizzante follia che brilla negli occhi del protagonista, rendono questa singolare e affascinante opera indipendente degna di arrivare all’attenzione del grande pubblico.
Il Premio del pubblico è andato al documentario sociale “Dentro il collettivo” di Lorenzo Melegari, un appassionante viaggio sul confine incerto tra legalità e giustizia.
Il Premio come Miglior Sound Designer è stato conferito da Paolo Armao a “Easy does it” (di Will Addison – Sound Designer: Ben Sellers), per la grande attenzione dedicata al concept sonoro che può rivelarsi un omaggio al timbro sonoro dello “Spaghetti Western”. Il montaggio del suono regala ritmo alla scena, contribuendo a rappresentare il mondo surreale dei due personaggi principali.
Davis Alfano ha assegnato il Premio come Miglior Fotografia a “Olma Djon” (di Victoria Yakubov – Fotografia: Iskander Narymbetov) per aver trasformato una natura intatta e un paesaggio metafisico, con immagini che mostrano con chiarezza il conflitto dei personaggi, indicando attraverso la figura del padre le difficoltà nascoste in ogni essere umano.
La Giuria dei Cortometraggi formata da Annunziato Gentiluomo, Armand Rovira, Nicolas Gauthier, Stefano Semeria, Andrea Morghen, Roberto Vietti, Raimondo Livolsi, Guglielmo Francavilla, Jacopo Schieda, Luca Del Fuego Confortini e Carlo Conversano ha scelto come Miglior Film “Take care” di Itamar Giladi.
Il premio come Migliore Regia è stato attribuito ex-aequo a Konstantina Kotzamani (“Electric Swan”) e a Marie Losier (“Felix in Wonderland”).
La Miglior Attrice è Linde Van Der Storm (“Till the end of the world”) e il Miglior Attore è invece Denis Lavant (“The Figurant”).
Menzione Speciale al corto “Tattoo” di Farhad Delaram.
La Menzione ArtInMovimento Magazine viene attribuita a “Mare” di Guille Vàzquez.
Gli allievi della classe 4AGC dell’I.I.S. Giulio Natta di Rivoli conferiscono il loro Premio a “Rood” di Falko Jakob.
Si ricorda che i Mediapartner del settimo TUC sono stati ArtInMovimento Magazine (che ha curato anche l’ufficio stampa), MYmovies, Italia Che Cambia, Piemonte Che Cambia, CameraLook, Movieplayer, Nocturno, Sentieri Selvaggi, Psychofilm, La Settima Arte e TorinOggi.
I partner tecnici sono stati MYMOVIESLIVE, Indiecinema, Forword ed Event Horizon, mentre i partner culturali BIMED (Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo), Ambrosio Cinecafé, CineTeatro Baretti, I.I.S. Bodoni-Paravia di Torino e I.I.S. Giulio Natta di Rivoli (TO).
Arrivederci alla prossima edizione!