Psychofilm

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Lovers2017 – Check It

 

[Attenzione Spoiler: vengono svelati particolari della trama]

Sono cresciuta a pane e cinema ed era da molto tempo che non vedevo qualcosa come questo lungometraggio, proiettato all’ultima edizione del Lovers Film Festival.

Un tempo, quando ero giovanissima, i film sulle gang americane erano molto popolari: primo fra tutti il grande cult di Walter Hill, del 1979, “I guerrieri della notte”, che raccontava la storia del fallimento della tregua tra le bande giovanili newyorkesi, voluta dal leader carismatico dei Riffs, Cyrus, dopo la sua uccisione da parte di Luther, capo dei Rogues. Dell’omicidio venivano accusati ingiustamente i Warriors, i quali si trovavano a doversi difendere (in pochi, perché lontani dal loro quartiere, e disarmati), da tutte le altre bande del territorio, molto più numerose e “attrezzate”, che davano loro la caccia.

La cosa che rendeva estremamente interessante questo film, era che ogni banda era caratterizzata da un abbigliamento distintivo: ad esempio, c’erano i Baseball Furies, con i volti dipinti stile “Kiss” e le divise da baseball, che usavano come armi, ovviamente, le mazze; oppure i Riffs, una banda di afroamericani esperti di arti marziali, vestiti come i monaci Shaolin.

Tre anni dopo, un film di Enzo G.Castellari, “1990 – I guerrieri del Bronx”, scimmiottava questo cult movie, riproducendo il cammino di sopravvivenza attraverso i territori di bande rivali, da parte di Trash, leader della gang dei Riders. Anche in questo film, i diversi gruppi erano contraddistinti dalla creatività dell’abbigliamento e le violenze e ingiustizie erano all’ordine del giorno.

“Check it”,  mi ha riportato un po’ ai ricordi di gioventù, perché contiene molti degli elementi delle produzioni degli anni Settanta e Ottanta, questa volta, però, il racconto è reale, i personaggi sono veri e il lungometraggio non è opera di fantasia, ma un docufilm su una vera gang di Washington DC.

“Check it” è il nome di una banda LGBT, composta da ragazzi afroamericani, nata per motivi di difesa dalla violenza e dal bullismo e diventata, con il tempo, essa stessa estremamente violenta, talvolta per motivi futili: “Avevamo solo due opzioni scappare o combattere, e abbiamo deciso di combattere”.

Washington DC è la città con il più alto tasso di crimini contro la comunità LGBT e il quartiere dove vivono questi adolescenti, che si trova a sole tre miglia dalla Casa Bianca, è un luogo di spaccio e prostituzione. A causa della droga, molti ragazzi sono rimasti da soli, senza genitori (morti o in carcere) e la gang per loro è diventata come una famiglia. Alcuni sono analfabeti, altri non hanno una casa.

Molti di loro sono stati spinti a commettere reati dalla gang, non avendo altro posto dove andare o altre persone con cui stare, e si sono macchiati di svariati crimini: risse, scippi, piromania, che li hanno condotti ai primi arresti e alla terribile esperienza del carcere, molto pericoloso per le persone LGBT. Tray, ad esempio, è stato arrestato per la prima volta nella Check, per aggressione. Non vuole più fare questo, vuole cambiare.

Oggi la Check it conta oltre 200 membri; per farne parte, oltre ad essere membro della comunità LGBT, è necessario avere due requisiti: avere buoni gusti in fatto di moda ed essere di colore. Le divise della gang sono distintive, come quelle dei protagonisti di “The Warriors”: abiti alla moda e accessori, capigliature stravaganti e trucco. Ma dentro le borse griffate, oltre al rossetto, ci sono anche martelli, coltelli e tirapugni. Le vittime di bullismo diventano bulli, le prede diventano predatori.

Day Day è un ragazzo che è entrato ed uscito dal riformatorio e che ha avuto più famiglie affidatarie: “nella mia vita, essere gay, significa sopravvivere ogni giorno”. La madre è da anni in riabilitazione, per la sua dipendenza da sostanze. Un giorno Day Day la va a trovare e il loro dialogo colpisce molto, perché è davvero lontano da un dialogo comune tra madre e figlio: i due ricordano quando il ragazzo faceva violenza sugli animali, come se fosse una cosa divertente.

Tray ha due profili Instagram, uno da uomo e uno da donna (“Ci sono due persone in me”); è un ragazzo maltrattato, con una madre tossicomane.

Alton aveva una madre violenta, che gli diceva costantemente che era un ritardato e una femminuccia. Un giorno, lui l’ha buttata giù dalle scale. “Mi prendo cura di me da quando avevo 14 anni, e alla stessa età ho iniziato a prostituirmi”, dice alle telecamere, e lo spettatore coglie il forte paradosso della sua frase come coglierebbe un pugno nello stomaco. “Quando ti vesti da prostituta e vai a battere, tutti ti parlano: medici, avvocati”.

La prostituzione, per molti membri della Check it, è l’unica fonte di guadagno, ma anche la principale fonte di rischio. Incredibile quando un ragazzo, vittima di stupro da parte di un cliente, chiama vari centralini di aiuto e viene rimbalzato continuamente, senza trovare assistenza. 

Ron “Mo” Moten è il consulente della gang, e ha cercato e cerca di aiutare questi ragazzi a uscire dal loop di violenza, criminalità e desolazione in cui sono immersi quotidianamente. Mo riesce a coinvolgere alcuni di loro nell’iniziativa promossa da Jarmal, un produttore televisivo di moda, che organizza ogni anno un campus per ragazzi con situazioni disagiate e un successivo show televisivo; per Skittles, invece, ha anche altri progetti: il ragazzo è troppo bravo con i pugni per non tentare la carriera da pugile. Lo porta dunque in una palestra, dove trova un allenatore, Duke, che crede molto in lui: dice che Skittles ha grandi possibilità, se si impegna, mentre se continua a fare la vita che fa (risse, sesso  non protetto), è probabile che al massimo in tre anni sarà morto.

Quando Skittles non si presenta agli allenamenti, Duke lo va a cercare, e lo trova a bere e a fumare. Rimane molto deluso: “Non credevo di vedere il vecchio ragazzo con le vecchie abitudini”. Duke vorrebbe salvargli la vita, ma anche lui conduce un’esistenza difficile: deve chiudere la palestra per problemi economici e inizia a dormire in auto: “Non c’è niente che non abbia già subito nella vita”. Tenta di far capire al ragazzo che se vuole veramente qualcosa, può farcela: a 46 anni, così, ricomincia a combattere, per dargli il buon esempio, e riesce a vincere per KO.

Cinque dei ragazzi che hanno partecipato al progetto di Jarmal vengono portati alla settimana della moda a New York, tra cui Day Day. Mo aiuta, poi, alcuni di loro, ad avviare la propria impresa di moda: la Check It Enterprise. Si apre finalmente una via di uscita per questi adolescenti, dopo tanta sofferenza e mancanza di supporto sociale.

“So di  non essere dove vorrei”, dice uno di loro in un discorso durante la riunione di una comunità religiosa, “ma neanche dove ero ieri”.

Laura Salvai

Sono psicologa, psicoterapeuta a orientamento cognitivo-comportamentale, sessuologa clinica e terapeuta EMDR. Amo le storie e mi piace scriverle, leggerle, ascoltarle e raccontarle. Sono la fondatrice del gruppo Facebook "PSYCHOFILM" e la proprietaria di questo sito. Il cinema è per me una grande passione da sempre, diventata con il tempo anche uno dei miei principali impegni professionali.