Lovers2018-M/M: tra metamorfosi, ossessione e alienazione
“M/M” è un film diretto da Drew Lint, che partecipa al concorso internazionale iconoclasta “Irregular Lovers” della 33° edizione del Lovers Film Festival. Questo lungometraggio, che ho presentato ieri sera presso il Cinema Massimo di Torino, è un prodotto originale, che si presta a riflessioni di carattere psicologico molto più profonde di quanto si possa immaginare ad una visione superficiale, e per questo ho deciso di selezionarlo come primo film di interesse di questa importante kermesse cinematografica tematica.
Un film in cui l’omosessualità non è il fulcro della trama
In questa edizione del Lovers, come nelle precedenti, sono molti i contenuti che riguardano il tema dei diritti umani e che raccontano le difficoltà psicologiche e relazionali che la comunità LGBTQI ha dovuto e deve purtroppo affrontare all’interno di una cultura ancora fortemente stigmatizzante e scarsamente consapevole. C’è bisogno di questo, ma è anche importante comprendere che al di là delle problematiche specifiche inerenti le varie realtà umane e sociali, vi sono anche degli spazi comuni di vissuto, delle situazioni che possono interessare ogni genere, ogni professione, ogni status sociale.
Anche se include molti contenuti sessuali gay, la storia che “M/M” racconta è una storia dal linguaggio universale, che parla di isolamento, alienazione, desiderio, possessione, ossessione, identità, potere. E lo fa con pochi contenuti verbali, principalmente attraverso l’uso delle immagini e dei suoni, mezzi più che efficaci per trasmettere il suo valore semantico.
L’Identità e il tema del doppio
Le due “M” del titolo del film rappresentano i nomi dei suoi due protagonisti, identici per le prime cinque lettere, e questo non credo sia casuale, visto il modo in cui si sviluppa la loro storia.
Matthew appare inizialmente come una persona introversa, riflessiva e introspettiva, mentre Matthias rappresenta in un primo tempo il suo opposto: appariscente, bello, affascinante, seduttivo, sfacciato, superficiale, a tratti narcisista e manipolatorio. Un oggetto di desiderio che pare non poter mai essere raggiunto e posseduto. Un modello di ciò che Matthew vorrebbe essere.
Matthew, così, inizia a diventare sempre più simile a Matthias: è progressivamente meno passivo, più assertivo e sicuro di sé, mentre Matthias, al contrario, assume via via una modalità più passiva e introspettiva. Il dominante diventa il dominato. Il potere passa da uno all’altro, come fossero due vasi comunicanti.
Matthew non solo assume le caratteristiche di Matthias a livello di personalità, ma anche nella forma più incarnata: si taglia i capelli come lui, cambia il suo modo di vestire, pare voler impregnarsi anche del suo odore.
Mentre Matthew cerca di diventare Matthias, una riproduzione fedele di Matthias viene creata da un computer, sul modello umano, e poi realizzata sotto forma di opera d’arte. C’è quindi un parallelismo tra duplicazione di Matthias attraverso la trasformazione di Matthew e duplicazione di Matthias attraverso la tecnologia virtuale. Matthias diventa il modello consenziente di un’opera e il modello ignaro dell’ossessione di Matthew. Inoltre, prima di avere un incidente in moto, Matthias vede un altro se stesso, all’interno di un’auto che affianca, in un continuo riferimento al tema del doppio.
Ma Matthew e Matthias sono due entità separate o sono una cosa sola, due metà del tutto? Sono due realtà distinte e speculari che si scambiano le vesti nel corso della storia? Il dubbio che M e M non siano due persone distinte ma una sola viene, guardando questo film. Allo stesso tempo, però, è credibile e accettabile dallo spettatore che essi possano essere soggetti separati e allo stesso tempo un’unica entità, dove l’uno è definito dall’altro, dove l’uno non può esistere senza l’esistenza dell’altro. Due personaggi interdipendenti o meglio, co-dipendenti.
In sottofondo, si sente il sapore della dissociazione: dissociazione da una realtà alienante, dissociazione della personalità, se vogliamo intendere M e M come due facce della stessa medaglia.
La dimensione della realtà, sempre messa in discussione
Nel corso del film Matthew sembra staccarsi progressivamente dalla realtà. Nella telefonata con la madre della prima scena accenna già alla sua difficoltà nel distinguere il sogno dalla realtà. Questa prima sequenza è molto originale, poiché la conversazione viene spezzata in due parti: lo spettatore ascolta prima le risposte di Matthew e poi le domande della madre, in un gioco stilistico spiazzante, che rende difficile e disturbante la comprensione del dialogo.
Matthias, come abbiamo detto, incarna l’ideale di persona di successo, ammirata, desiderata, ben integrata. Matthew invece quello di outsider, di persona isolata, sola, non integrata in una nuova città che non conosce e da cui non si sente accolto, che cerca attraverso una realtà inventata di soddisfare i propri bisogni.
Ci sono dei momenti nel film che sono chiaramente onirici, altri che lo spettatore non riesce a definire come sicuramente reali, né come sicuramente frutto di fantasia o delirio.
Guardare ed essere guardato: il corpo che cambia tra reale e virtuale
Il corpo è assente sui social network, così come lo intendiamo nelle interazioni reali. Siamo fisicamente altrove o lontani, ma allo stesso tempo virtualmente presenti. I social hanno cambiato il modo di vivere il nostro corpo, di mostrarlo, di guardare il corpo degli altri. In questo senso il film “M/M” può essere inteso come un’ottima metafora del guardare ed essere guardato.
All’inizio del film lo sguardo è doppio, Matthew e Matthias hanno un’interazione allo stesso tempo virtuale (la chat dello smartphone) e reale, corporea (ai lati opposti della piscina). Successivamente Matthew segue Matthias all’uscita dalla piscina e lo spia da sotto il suo appartamento, punto di vista che si capovolge più avanti quando Matthias torna dall’ospedale e scorge Matthew alla finestra del suo appartamento, nel quale intanto si è insediato. In queste scene il corpo è presente, ma il reale si alterna spesso al virtuale (ad esempio quando i due si guardano attraverso lo schermo del pc) e all’onirico.
Talvolta, come abbiamo detto, i piani si sovrappongono, ed è difficile capire se una scena è reale, è sognata o è fantasticata o addirittura frutto di un delirio. Alcune di queste sensazioni possono essere presenti quando interagiamo a livello virtuale: l’identità dell’altro è vera? La personalità che esprime attraverso i contenuti che pubblica è reale? Il corpo che mostra nelle immagini dei suoi profili social è quello che ha, oppure le foto non sono le sue o sono alterate?
La nuova città, Berlino, in cui Matthew si è trasferito, può, in questo senso, diventare una buona metafora della personalità virtuale. Essere in un luogo nuovo, in cui non si è conosciuti, dove ci si può mostrare diversi da come si è stati fino ad ora. Tutti noi prima o poi pensiamo che vorremmo lasciare tutto, trasferirci, ricominciare, diventare diversi e nuovi, mostrarci a occhi che non ci hanno mai visto né giudicato, potendo creare una nuova immagine di noi. Attraverso i social questo può essere fatto ogni giorno, in qualsiasi momento. Internet è una grande, immensa nuova città.
Il tema della creazione di una nuova identità è espresso dalla narrazione, quindi, anche attraverso questo originale punto di vista, oltre che attraverso la metamorfosi di Matthew: abitare in una nuova città, così come interagire attraverso i social e le chat, dove non si è conosciuti, permette di decidere come mostrarsi agli altri, che tipo di ritratto fornire, e di reinventarsi, in un certo senso.