Una questione privata
“Ho tanto bisogno di sapere che non è vero” (Milton)
Quando ero al secondo anno del liceo scientifico ci venne assegnata per l’estate la lettura del romanzo “Una questione privata” (1963) di Beppe Fenoglio e diventò uno dei miei libri preferiti, uno di quei testi che smuovono profonde emozioni e riflessioni.
Trasferitami poi in Piemonte diversi anni dopo, ho voluto rileggerlo immersa nei posti in cui è ambientata la vicenda, in quelle Langhe che anni prima avevo solo immaginato, per ricalarmi da adulta in quella storia e sentire come avrebbe risuonato allora in me.
Quando poi ho saputo che i fratelli Taviani avevano diretto una trasposizione cinematografica di quel libro che mi era entrato nel cuore, ho provato un misto di desiderosa sorpresa e timore.
Avevo fiducia nella grande bravura dei famosi fratelli del cinema italiano, ma quando nella testa hai già “il tuo film” con i personaggi già immaginati e le scene “girate”, diventa difficile metterlo da parte.
Ho voluto tuttavia farlo, per approcciarmi al film con la curiosità di vedere come altri occhi avessero guardato a quella storia, e non ne sono rimasta delusa.
“Una questione privata” (2017) è l’ultimo film realizzato in coppia da Paolo e Vittorio Taviani. Vittorio infatti è morto poco dopo la sua uscita e aveva partecipato, insieme al fratello, alla sceneggiatura, mentre Paolo si era occupato della regia, stavolta da solo a causa dei problemi di salute di Vittorio.
Come scritto nei titoli all’inizio, il film è liberamente tratto dal celebre romanzo di Fenoglio ma, pur con inserimenti di scene non presenti nel libro, viene riprodotta quella stessa atmosfera di follia amorosa che tutto mette da parte, persino la guerra stessa.
Siamo nell’autunno del 1944, Milton è un giovane studente diventato partigiano (che ha il volto del bravissimo Luca Marinelli).
Un giorno si trova, insieme a un suo compagno, a deviare verso una villa sulla collina di Alba. Il posto gli è molto caro, in quanto si tratta della villa di Fulvia, una ragazza che prima dell’armistizio del 1943 era “sfollata da Torino per fifa dei bombardamenti aerei che in fondo in fondo la divertivano”.
Di fronte alla villa, compare la custode che riconosce Milton, gli dice che Fulvia è rientrata a Torino e, su sua richiesta, decide di farlo entrare qualche istante per rivedere la casa.
Un flashback ci riporta all’estate del 1943, in un momento in cui Milton e Fulvia stanno ascoltando insieme la canzone “Over the Rainbow”, un disco che lui le ha regalato (musica che attraversa tutto il film, come anche le pagine del libro).
Milton, timido, introverso e appassionato di lingua e letteratura inglese, è innamorato di Fulvia ma non riesce a voce a esprimere i suoi sentimenti; solo attraverso la scrittura di lettere riesce a dare forma a quello che prova, in una modalità letteraria appassionata che attrae la ragazza, ma apparentemente più per il piacere di sentirsi dire alcune frasi che per reale sentimento verso di lui.
Inoltre, la tristezza che sembra permeare il carattere di Milton viene vista da Fulvia come qualcosa di dannoso per sé, definendosi invece lei una persona allegra.
Terminato il flashback, vediamo Milton accarezzare il giradischi, nostalgico e immerso nel ricordo della sua “Fulvia, splendore”. A interrompere quell’incantesimo sono le parole della custode, che lascia intendere che dopo la partenza di Milton per la guerra, ci sia stata una relazione tra Fulvia e Giorgio, il suo “amico più amico”, con cui era cresciuto.
Da altri flashback, notiamo che Giorgio è molto diverso da Milton: è allegro, solare, intraprendente e ama ballare, un carattere quindi più simile al modo di essere di Fulvia.
In quella estate, la ragazza sembra farsi corteggiare da entrambi, senza arrivare a una decisione finchè si frequentano tutti e tre nella villa.
Nonostante la custode, vedendo l’agitazione di Milton, dichiari alla fine di non essere certa che tra Giorgio e Fulvia ci sia stato qualcosa, il tarlo del dubbio è entrato nella mente del ragazzo, la gelosia si impadronisce di lui e un solo e unico scopo diventa importante: la sua “questione privata”, ossia sapere da Giorgio la verità.
Dalla villa Milton comincia la sua folle corsa (dietro le imprecazioni del suo compagno che non riesce a tenere il suo passo) per raggiungere Giorgio che, nel frattempo, è diventato anche lui partigiano, ma di un’altra brigata.
Quando Milton scopre che è stato fatto prigioniero dai fascisti, la sua corsa diventa sempre più disperata, attraverso la nebbia che tutto avvolge, nasconde e rende ancora più pericoloso.
Seguiamo Milton nella sua ricerca affannosa e ossessiva di un fascista da scambiare con Giorgio, mentre emergono momenti in cui sente di non essere buono, per il fatto di volerlo salvare più per quel fondamentale bisogno di un confronto, che per l’affetto provato verso un caro amico.
Sullo sfondo della “questione privata” di Milton, c’è la guerra in tutta la sua ferocia: i giovani partigiani che vedono cadere amici o vanno incontro alla morte per salvarli (intensa anche se breve l’interpretazione del partigiano Corvo di Guglielmo Favilla); la follia del prigioniero fascista che imita una batteria jazz; il dubbio che si insinua in qualcuno sull’essere o no dalla parte giusta della barricata; le famiglie sterminate per rappresaglia (la bambina che si alza tra i familiari morti, come se stessero solo dormendo, ricorda “La notte di San Lorenzo” del 1982, film toccante sulla guerra degli stessi Taviani).
Il finale del libro (che non vi svelo) è rimasto non di certa interpretazione, probabilmente perché il romanzo, pubblicato postumo, non fu terminato da Fenoglio.
Il film stesso si conclude in modo aperto, riproponendo il tema centrale di questa storia: la forza distruttiva e travolgente di una guerra combattuta nella propria mente, dilaniante quanto un conflitto esterno.