Psychofilm

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Film psicologici e psicologia spiegata attraverso il cinema

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Vedere American Sniper per capire il PTSD

Il film American Sniper viene spesso citato per portare un esempio, sul grande schermo, di cosa significhi soffrire di PTSD.

Il film, diretto da Clint Eastwood, è tratto da una storia vera, e ha un trama non troppo articolata: un cowboy texano decide di arruolarsi nel corpo speciale dei SEALS dopo gli avvenimenti dell’11 settembre, partendo per la guerra in Iraq. Qui, si distinguerà per il valore miliare (come cecchino), ma l’ascesa militare sarà in parallelo accompagnata da una discesa “all’inferno” nella vita personale, per via appunto dello stress post traumatico (PTSD, Post Traumatic Stress Disorder).

Il film ben descrive soprattutto alcuni dei sintomi che spesso si accompagnano al PTSD. In particolare, sappiamo che i sintomi del post trauma sono divisibili in 4 cluster:

1) Riesperienza

2) Evitamento

3) Cognizioni negative

4) Iper-arousal e iperestesia

Sappiamo cioè che un evento traumatico tende a essere rivissuto in modo acceso per via di coinvolgenti flashback vissuti dal “sopravvissuto”, a causa dei quali lo stesso tenderà a evitare alcuni luoghi/situazioni. Inoltre, sappiamo che lo stress post traumatico tende a generare nell’individuo un senso di negatività auto-diretta, relativa a sè, attraverso quelle che vengono chiamate “cognizioni negative”.

Infine, come a contorno di tutto questo, osserviamo come nel PTSD il livello di attivazione generale del sistema nervoso autonomo (l’arousal), sia costantemente sbilanciato verso l’alto, con tutto ciò che ne deriva: in particolare, un livello costante di iper-arousal conduce all’iper-estesia, cioè a una percezione anomala e amplificata di alcuni aspetti dell’esperienza sensoriale (come sentire i rumori, o alcuni rumori, in modo troppo acceso, o interpretare alcuni aspetti dell’esperienza in modo minaccioso/distorto).

Nel film tutto questo è molto ben rappresentato; è probabile che Clint Eastwood abbia volutamente eseguito un lavoro di ricerca sul tema, per meglio rappresentare il problema, anche a partire dall’autobiografia del reduce da cui è tratto il film.

Vediamo alcuni aspetti che troviamo nel film, particolarmente importanti a riguardo di come venga rappresentato il PTSD:

1) All’incirca a metà del film assistiamo a una scena che potremmo fare coincidere con la “creazione” del disturbo: la scena del “macellaio” iracheno che uccide un bambino e suo padre con un trapano, davanti agli occhi della madre; la scena, per come è girata, è particolarmente significativa ed è probabile che si sia volutamente calcato la mano su alcuni aspetti “brutali” che si vanno a sommare all’aspetto dell’uccisione stessa del bambino (il cane che ringhia a Kyle mentre questi osserva l’esecuzione, il generale senso di confusione e violenza acustica); da questo momento, in ogni caso, qualcosa nella mente di Kyle sembra “cedere”.

2) Sono molto ben evidenziati sia i flashback, che le iperestesie; Kyle percepisce i rumori come molto forti (soprattutto quelli provenienti da oggetti meccanici simil-militari, come un avvitatore), cosa che lo distoglie dal momento presente, risultando “assorbito” dall’esperienza; molto ben rappresentati appunto anche i flashback, nella scena di lui che osserva uno schermo spento televisivo, mentre in sottofondo sentiamo rumori di sparatorie e urla.

3) Altro fattore chiamato in causa è l’idea che l’esperienza traumatica “crei dipendenza”, elemento del PTSD tra i più controversi, dato che porta il soggetto a divenire in qualche modo affettivamente – o forse sarebbe meglio dire “libidicamente” coinvolto nel suo stesso evento traumatico, aspetto molto evidente colto dalla moglie dello stesso protagonista, che lo osserverà spesso “assente”. Kyle, in licenza dall’Iraq, penserà solo all’Iraq, guarderà video che lo riporteranno “là”, sarà perso in un costante “maladaptive daydreaming”. Un passaggio significativo esprime questo stato mentale, quando, da parte di un compagno, viene detto a Kyle “Da piccolo, vicino a casa c’era un recinto elettrificato, noi ci aggrappavamo e vedevamo chi resisteva di più. La guerra fa lo stesso effetto: ti dà la scossa e non riesci più a tenerti stretto a niente”, come a sottolineare l’effetto dirompente dello stress post traumatico sulla vita personale dell’individuo.

4) Esistono due tipologie di PTSD, con o senza sintomi dissociativi. Kyle, nel film è spesso associato, assorbito da prima citato “maladaptive daydreaming”. Dissociato qui va inteso come “distaccato” (per un approfondimento sul concetto di dissociazione, si veda qui).

5) Per quanto riguarda le cognizioni negative, viene spesso evidenziato come alcuni dei compagni di Kyle assumano un atteggiamento negativo nei confronti di loro stessi, in particolare in alcuni frangenti del racconto (qui un approfondimento sulla questione “cognizioni negative” ).

6) La struttura narrativa del film, in sé, raffigura la “necessità” dissociativa di Kyle, diviso a metà tra due contesti apparentemente non conciliabili: la realtà irachena/del trauma (dove vive emozioni), e la realtà “apparentemente normale” di casa (dove vivrà in una condizione di “numbing”, costantemente, lievemente dissociato, “scollato” dalla realtà circostante). Questo è molto ben rappresentato nel film, e ci racconta della difficoltà, per chi sopravvive a un trauma, di operare un lavoro di integrazione e superamento. Verso la fine del film osserveremo Kyle tentare di portare un “po’ di trauma” nella sua vita normale, frequentando un gruppo di reduci, insegnando ad alcuni veterani a sparare, manifestando insomma un tentativo di “integrazione” di ciò che fu l’esperienza traumatica, con la sua vita pre-Iraq.

Nel complesso, il film racchiude in sé pressoché tutti gli elementi degni di nota di ciò che vuol dire vivere un’esperienza traumatizzante, escludendo tuttavia, per ovvie ragioni, la macro-tematica dei traumi “di sviluppo”.

[Per chi volesse approfondire la tematica, molteplici approfondimenti a tema trauma e dissociazione sono disponibili su: “Il Foglio Psichiatrico]

Raffaele Avico

Sono uno psicologo e psicoterapeuta CBT e lavoro a Torino e a Milano. Poiché mi occupo anche di divulgazione e comunicazione in ambito psichiatrico e psicoterapeutico, sono felice di collaborare con questo sito che coniuga perfettamente queste mie due attività.