Psychofilm

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666 è il numero di Pupi Oggiano

666 è il numero di Pupi Oggiano (e anche del Diavolo, ovviamente, ma del Diavolo ci occuperemo dopo).

Tre 6:

6 film, 6 titoli che compongono una frase di senso compiuto (La paura trema contro / Ancora pochi passi / Nel ventre dell’enigma / E tutto il buio che c’è intorno / Svanirà per sempre / Contro un iceberg di polistirolo) e 6 novelization targate Buendia Books.

Ma sto giocando d’anticipo, perché mentre il sesto titolo è già noto, il sesto film deve ancora essere realizzato (è partito il casting proprio in questi giorni). Stessa cosa per il sesto libro: la novelization non è ancora stata scritta, ma non temete, il numero del Diavolo verrà completato.



Ci sarebbero già sufficienti elementi per mettere una bella etichetta di originalità a questo progetto di cinema indipendente (e sapete come Psychofilm ami e sostenga il cinema che nasce senza l’aiuto delle grandi case di produzione) ma la squadra di lavoro dietro questa esalogia non si è limitata per nulla, a livello creativo.

Originali sono infatti anche le musiche, firmate dallo stesso Pupi Oggiano, i soggetti, le sceneggiature (a cui il regista e musicista ha collaborato) e la presenza costante di particolari, nei film, che sfidano l’attenzione e la cultura cinematografica dello spettatore.

Originale è anche pensare di offrire al pubblico un pacchetto completo, fatto di 6 film, 6 cd delle colonne sonore e 6 libri tratti dai film. Di nuovo 666 (ormai mi sono data definitivamente alla numerologia).

Tutte le pellicole sono ambientate a Torino, città magica e misteriosa, location perfetta per i temi che la saga sviscera (e anche un po’ eviscera). Una Torino di luce e di ombra. Del resto gli opposti sono spesso presenti in queste opere e quando un polo si indebolisce, quello opposto si rafforza (come il Bene e il Male in “Ancora pochi passi”). Le scenografie e la fotografia si adattano perfettamente al genere cinematografico su cui Pupi Oggiano si concentra, nelle singole pellicole.  Una Torino luminosa e una fotografia fredda per un film di fantascienza, scorci di Torino magica e ville antiche alla “Profondo Rosso” per un film horror. Torino è sempre la stessa, ma sempre diversa.

Anagrammi, sciarade, magia, simbolismo, alchimia, enigmi. Ho scelto apposta 6 parole per descrivere i contenuti di questa narrazione cinematografica e letteraria – forse questa cosa del Number of the Beast mi sta sfuggendo di mano (mentre scrivo, sto ascoltando il brano omonimo dell’album omonimo degli Iron Maiden, così per darmi la carica).

Non ci si può distrarre un attimo dalla visione, o si rischia di perdere dei particolari interessanti e di vedere (manco a dirlo) solo la punta dell’iceberg. Sono convinta di averne persi moltissimi, ma qualcuno ve lo voglio raccontare. Dato che non amo spoilerare, se non è assolutamente necessario, non vi dirò i titoli dei film e dei libri associati a ciò che vi sto per dire, ma farò una sorta di melting pot; starà a voi identificare i vari elementi (nonché i 4 Elementi, o forse è meglio dire 5 per evitare di scatenare la furia di qualcuno) o scovarne di nuovi, durante la visione o la lettura.

Fate attenzione ai nomi

Fate attenzione ai nomi dei personaggi, perché alcuni sono dei riferimenti al cinema di Dario Argento e altri sono degli anagrammi che rivelano la natura di certi soggetti (vi do un indizio: concentratevi sulla prima tappa della saga, perché il nome di una delle protagoniste ha un significato anagrammatico nascosto).

Gli omaggi a Dario Argento

L’esalogia è piena di riferimenti al grande maestro italiano, a partire dai nomi dei personaggi, come vi ho appena detto. Abbiamo, ad esempio, la famiglia Calamai (Clara Calamai è la straordinaria attrice di “Profondo Rosso”), Gianna (ricordate la Gianna Brizzi interpretata da Daria Nicolodi nello stesso film?), Dario (che ve lo dico a fare a chi si riferisce) Ranieri (Monica e Alberto Ranieri ne “L’uccello dalle piume di Cristallo”).

La lettera minatoria scritta ritagliando le lettere da un giornale è un altro riferimento a un film di Dario Argento (“Tenebre”), almeno credo, visto che ora sarebbe meno faticoso per un assassino inviare un messaggio più tecnologico.

Il lento taglio sul collo di un personaggio che si chiama Samuel e il sangue denso che gocciola mi hanno ricordato la scena dell’ascensore di “Profondo Rosso” e la sequenza di un delitto mi ha ricordato “Phenomena” (sarà la presenza di una studentessa universitaria, o il suo passaggio sotto un arco di roccia con cascatella annessa, chissà).

Poi c’è il classico assassino con cappello, impermeabile e spessi guanti neri, che non permette allo spettatore di capire se si tratta di un uomo o di una donna. Vi evoca qualcosa?

“Linda viene interrotta dal suono del campanello. Convinta che sia Paolo di ritorno (che probabilmente ha come sempre dimenticato le chiavi di casa), va ad aprire con il sorriso stampato sul volto, ma non fa in tempo a parlare, che una mano guantata di nero le si posa sul volto e la sposta violentemente indietro. Sbilanciata, Linda cade per terra e solo da quella posizione, per un attimo, vede incombere su di lei una figura completamente vestita di nero. Un impermeabile e un cappellaccio scuri le impediscono di capire perfino se di fronte a lei ci sia un uomo o una donna”. (Gabriele Farina, “Nel Ventre dell’enigma” ed. Buendia Books)

Su un tavolo o una libreria si intravedono, a volte, nei film di Oggiano, delle immagini di film di Dario Argento (ad esempio “Suspiria” e “Inferno”) o addirittura di Dario Argento stesso. Le carte sul pavimento in “Svanirà per sempre” sono forse un omaggio a “Il Cartaio”? D’altra parte dal cartaio al numismatico è un attimo.

Tra l’altro, Pupi Oggiano non fa mistero della sua passione per il regista italiano: al termine del primo film si vede una dedica esplicita all’artista.

Anche la sua regia trasuda di Argento (non il metallo, quello sarà protagonista, insieme ad altri metalli come lui, di un’altra storia). Le inquadrature sulle pance accoltellate e poi sui volti traumatizzati delle vittime morenti. Le inquadrature a pavimento o quelle che partono dal basso e poi salgono a mostrare una diversa prospettiva di un tavolo o un mobile, rendendo con questo stratagemma, un innocuo oggetto immediatamente inquietante. La telecamera che ruota intorno a un pupazzo dando l’illusione che sia questo a ruotare, producendo allo spettatore un senso di vertigine. Il focus su determinati particolari apparentemente insignificanti che diventano invece angoscianti. I tavoli coperti da teli con sopra file di coltelli, e la lucentezza delle lame, prese a una a una dall’assassino. Le riprese vorticose che fanno una panoramica delle stanze quando l’assassino è in casa e la vittima inizia a sentire che qualcosa non va. Tutto, ma proprio tutto, di questa maratona cinematografica che ho fatto, mi ha ricordato i film di Dario Argento.

E cosa dire del protagonismo della colonna sonora, fondamentale anche nei film di Dario Argento, che ha fatto scuola nel rendere terrificanti anche le scene in cui non succede nulla di spaventoso? Poi, non potevano mancare l’omicidio con ambientazione natalizia o un disegno infantile appeso a un muro nel backstage di un teatro.



Il Cinema che omaggia il Cinema

Pupi Oggiano omaggia non solo Dario Argento, ma tutto il Cinema. Anche in questo caso bisogna stare molto attenti durante la visione dei suoi film, e avere anche una discreta cultura cinematografica per cogliere tutti i riferimenti sparsi qua e là. Vicky che canticchia la musica di “Star Wars”, Pupi Oggiano che come Hitchcock compare nei suoi film e Hitchcock stesso che compare su un articolo di giornale.

Certo, nella doccia di Oggiano succede qualcosa di diverso da quanto accade in “Psycho”, perché la minaccia è interna alla doccia e non esterna, ma anche questo ribaltamento è interessante.

Ci sono film proiettati sui televisori (ad esempio uno di Bruce Lee, o la scena in cui un personaggio guarda il film “Lo squalo” di Spielberg). Uno dei 6 protagonisti di “Ancora pochi passi” (che oltre a essere 6 incarnano anche perfettamente il numero diabolico) addirittura parla come Gollum de “Il Signore degli Anelli” e per sedare ogni dubbio sul riferimento esplicito alla pellicola pronuncia anche la parola “tesoro”.

In un finale il Diavolo sembra diventare la copia perfetta dell’arcano incantatore di un altro regista di nome Pupi. C’è anche un po’ di “Seven”, con tanto di peccati capitali e faccia di cadavere spalmata su un piatto di cibo.

Alcuni film sono citati dagli stessi attori (ad es. “Terminator”) e ci sono spesso delle locandine di film appese ai muri (ad esempio “Colazione da Tiffany” e “La dolce vita”). In uno dei libri viene descritta una scena in cui un morso strappa una guancia, che mi ha ricordato il film “Cape Fear”.

Essendo i 6 film di Oggiano collegati tra di loro, non solo per i titoli che compongono una frase di senso compiuto, ma anche nella narrazione, in ogni puntata della saga successiva alla prima ci sono ampi riferimenti alle storie precedenti, che possono essere trovati nei dialoghi (es. “Mi sembri Mefistofele”), nei legami tra i personaggi (ad esempio quando una vittima è il fratello gemello di un precedente individuo scomparso), negli oggetti (un maialino su una spugna che transita da un film all’altro) o nelle immagini (ad esempio una lavagna parzialmente inquadrata su cui c’è scritto “Dov’è Vicky”; un occhio su un anello e poi su un muro e infine cavato dalla sua sede a un povero malcapitato; la foto dei personaggi di un film appesa sul muro nella scena di un altro film, ecc.).

L’ironia che esorcizza le nostre paure

Una delle innumerevoli cose interessanti e originali di questo progetto epico sono alcuni finali ironici, che sdrammatizzano figure che di solito nei film sono descritte come terrificanti. Alieni e demoni dipinti come idioti e impacciati, che commettono errori da dilettanti sprovveduti, Stargate improbabili e demoni che non sanno cosa è il vero male.

Il connubio tra cinema e letteratura

Come abbiamo visto, il progetto di Oggiano prevede un connubio tra cinema e letteratura. Questo connubio è rappresentato da una delle vittime di uno dei sei film: un editore a cui vengono proposte delle trasposizioni cinematografiche dei libri che ha pubblicato. Quello che succede di solito più frequentemente e il contrario di quanto accaduto con i film di Pupi che hanno invece dato vita a novellizzazioni successive.

Torniamo al numero 666

Per concludere come abbiamo iniziato, torniamo al numero 666, lasciando una ipotesi aperta: i 6 film di Oggiano e i 6 libri che ne raccontano le storie, sono di 6 generi diversi? Un film di fantascienza, un horror demoniaco, un horror classico con assassino umano che strizza l’occhio agli horror “enigmistici”, un horror con famiglia omicida (cattiva ma meno spaventosa e sadica di quelle raccontate da Tobe Hooper e Rob Zombie) con aggiunta di un mister Wolf che risolve i problemi di tarantiniana memoria, un horror esoterico con tanto di pentacoli. Siamo a 5 sfumature differenti. Dobbiamo attendere l’ultimo film, “Contro un iceberg di polistirolo” e relativa novelization per toglierci il dubbio e confermare il nostro amato Number of the Beast. Possiamo tollerare la frustrazione e aspettare a risolvere questo enigma?

Pupi Oggiano Enigma

Laura Salvai

Sono psicologa, psicoterapeuta a orientamento cognitivo-comportamentale, sessuologa clinica e terapeuta EMDR. Amo le storie e mi piace scriverle, leggerle, ascoltarle e raccontarle. Sono la fondatrice del gruppo Facebook "PSYCHOFILM" e la proprietaria di questo sito. Il cinema è per me una grande passione da sempre, diventata con il tempo anche uno dei miei principali impegni professionali.