The lobster
“Balliamo tutti da soli. Per questo ascoltiamo solo musica elettronica”
(Lèa Seydoux – La leader dei boschi)
Se credevate che essere single fosse normale, o addirittura molto cool, vi sbagliavate. Ora non instaurare relazioni stabili può essere un disagio o una scelta, ma nel futuro visionario del film di Yorgos Lanthimos essere senza un partner può portare a conseguenze davvero terribili. Nella società distopica di “The lobster” i single vengono inseriti in una comunità chiusa (un residence che ha l’apparenza di una spa e la sostanza di un campo di sterminio) e hanno un mese e mezzo di tempo per trovare una persona da amare, altrimenti verranno trasformati in un animale a loro scelta.
Alla reception dello pseudo-hotel, i nuovi arrivati devono dichiarare il loro orientamento sessuale e la loro scelta deve essere univoca, non ci si può dichiarare bisessuali per avere qualche chance in più di trovare qualcuno con cui accoppiarsi e sopravvivere.
Se si è bravi cacciatori di uomini, però, si può avere qualche possibilità in più di scampare alla terribile sorte, prolungando il tempo di permanenza nel “programma”: ogni giorno, gli ospiti della struttura che sono ancora nel periodo della ricerca di un partner hanno, infatti, la possibilità di stanare e uccidere (o narcotizzare, questa parte mi è sfuggita) chi, alla scadenza dei termini, è scappato riparandosi nei boschi intorno all’edificio principale, per evitare la metamorfosi coatta. Per ogni fuggitivo preso (o ucciso?) viene aggiunto un giorno alla scadenza prevista per la trasformazione.
La vita nell’hotel è rallentata, assurda, meccanica, costrittiva. Il regista riesce a trasmettere un senso di disagio perenne nello spettatore. Niente sembra avere senso. Gli ospiti vengono intrattenuti con ridicole rappresentazioni “teatrali” in cui improvvisati attori illustrano, con movimenti lenti e rigidi e senza parlare, perché essere soli è pericoloso, sbagliato, non adattivo.
David, il protagonista di questa singolare storia, viene lasciato dalla moglie, dopo 12 anni, per un altro uomo, più affine a lei. Sì, perché per formare una coppia è necessario trovare qualcuno con caratteristiche comuni, e alcuni sono disposti a mentire pur di sopravvivere nella loro società cacotopica.
È sufficiente fingere di avere frequenti epistassi o di essere alessitimici o antisociali come la persona con cui si vuole iniziare una relazione, per salvarsi dall’infausta sentenza. David ci prova, finge di essere una persona fredda e spietata per essere affine alla migliore cacciatrice di fuggitivi del gruppo. Ma il sadismo della donna determina il suo tracollo e, scoperto il suo inganno, non gli resta che rassegnarsi ad essere trasformato in un’aragosta o diventare egli stesso un reietto.
David è l’ospite che ha scelto di trasformarsi nell’animale più strano. La sua scelta è utile, perché la maggior parte delle persone sceglie gli animali domestici, soprattutto i cani, e queste scelte possono portare all’estinzione di alcune specie. David ha scelto di essere tramutato in aragosta (“the lobster”, in inglese) in caso di fallimento nella sua ricerca di un partner, perché l’aragosta è un animale con il sangue blu, vive molto a lungo (certo, non ha calcolato che è un animale commestibile e molto ambito) e ha come habitat il mare, che lui ama molto. Però, quando la sua strategia con “donna senza cuore” fallisce, David decide di non accettare la regola della trasformazione e diventa lui stesso un fuggitivo.
La comunità dei ribelli non è più ospitale di quella da cui è appena scappato, però. Le regole anche qui sono ferree e chi le trasgredisce deve essere eliminato. La regola fondamentale è che nessuno può innamorarsi e formare una coppia. Ma David trova qualcuno con cui è affine. Una donna che condivide con lui una caratteristica comune. Ricordate quando ho detto che le persone potevano stare insieme solo se trovavano degli elementi comuni? Fossero essi positivi (intelligenza, bellezza, ecc.) o negativi (una malattia, una malformazione fisica, un difetto)? Questo aspetto viene mantenuto anche nella nuova società di latitanti. E quando la caratteristica comune non è più presente, occorre cercarne una nuova, oppure forzare l’affinità, anche a costo di procurarsi delle lesioni irreversibili.
Il film di Lanthimos è forse una metafora esasperata della società contemporanea? In fondo anche noi viviamo all’interno di strutture rigide, convenzioni, stereotipi. Chi non si conforma viene messo da parte e la libertà personale è spesso soffocata da modelli culturali che determinano discriminazioni e disuguaglianze sociali. E anche noi spesso regrediamo allo stato animale. Ma forse non è questo il significato del film. Cercatelo voi, d’altra parte vedere un film è come osservare un quadro, ognuno trovi la propria personale ispirazione.