Nymphomaniac Vol.I
Schermo nero. La relatività del tempo si manifesta in pieno nella prima sequenza di questo straordinario film, firmato da uno dei più grandi registi del nostro tempo: Lars Von Trier.
Siamo tutti qui, nel silenzio della sala di un cinema, ansiosi di vedere le prime immagini proiettarsi sullo schermo. E invece niente. Nulla colpisce il nostro sguardo o le nostre orecchie. Silenzio. Buio.
L’assenza di stimoli sensoriali pare durare moltissimo, ma forse non dura così tanto. Il tempo è misurabile, ma il modo in cui lo viviamo non è sempre uguale. Sessanta secondi possono sembrarci eterni, un anno può volare.
E lì, nell’attesa dei primi fotogrammi, sullo schermo nero, proiettiamo per un po’ le nostre immagini mentali, le nostre attese, le nostre curiosità.
Ed ecco scendere la pioggia. Primi input sensoriali: un tetto, alberi mossi dal vento, il rumore delicato della pioggia che cade. Dalla deprivazione sensoriale al delicato spettacolo della natura, al rumore rilassante e regolare dell’acqua che scende a bagnare ogni cosa.
All’improvviso l’industrial metal tedesco dei Rammstein penetra i meati uditivi e la carne dello spettatore. È “Führe Mich” a ultimare il crescendo di stimoli sensoriali dei primi minuti di Nymphomaniac: il volume è al massimo, fa vibrare le poltrone, crea uno stato di eccitazione quasi dolorosa.
L’apertura varrebbe da sola il biglietto del cinema, la si riguarderebbe, ascolterebbe, vivrebbe un’altra volta e un’altra ancora. Uno spettacolo di immagini e suoni che parte dal nulla, dallo stato di quiete di ogni senso.
Schermo nero, pioggia, apoteosi sonora. Forse una metafora del piacere sessuale che esplode nella fase orgasmica.
Ci si può aspettare di più? Un film che dura due ore può mantenere uno standard artistico così elevato?
Sì. È Von Trier. Lui non delude le aspettative del suo pubblico. Il livello di attenzione non cala mai, per tutti i 120 minuti di visione.
Una narrazione raffinata, densa di metafore; personaggi curati dal punto di vista psicologico; dialoghi brillanti e scene incisive; ritmo incalzante. Tutto è talmente reale e profondo che entrare nella mente della protagonista diventa facile: si è trasportati lì, al capezzale del padre, tra gli alberi del parco, nel vuoto emotivo, a guardare un sacchetto di caramelle colorate. Si è lì, dentro al suo cervello, a guardare la sua vita con i suoi occhi.
Film di questa portata ne escono davvero pochi e non si può che attendere trepidanti l’uscita del secondo capitolo, mentre continua la metabolizzazione riflessiva ed emotiva del primo volume.
Siamo stati al primo spettacolo, ora ci aspetta il secondo. E non parlo di orari di programmazione.