Disconnect
Siamo sempre connessi: mentre camminiamo guardiamo il nostro smartphone, in ufficio controlliamo la mail e i profili sui social, la sera guardiamo film in streaming, ricerchiamo notizie e informazioni, chattiamo, facciamo acquisti, ecc. Il telefono rotto o dimenticato a casa ci mette in ansia, ci sentiamo in astinenza, proprio come quando finiamo le sigarette. Ora come faremo? Siamo totalmente disconnessi!
Ma è proprio l’assenza della tecnologia a renderci disconnessi o è invece la sua presenza? Come viviamo le nostre relazioni, come assaporiamo il nostro vivere?
Una cena romantica a due, magari per l’anniversario. Lui guarda sul telefonino l’ultimo post dell’amico sulla sua bacheca di Facebook, lei controlla la mail e risponde a qualche sms.
“Un bel tramonto stasera, cara. Guarda come lo filma bene il telefonino. Straordinaria la risoluzione, ho proprio fatto un acquisto fantastico”! E intanto il tramonto finisce. Il suo splendore visto all’occhio nudo, non filtrato dalla telecamera dello smartphone, magari mentre si sorseggia una bibita con gli amici o si è mano nella mano con il proprio partner, è lo splendore di un tramonto, è la realtà, è ora.
Il 15 di agosto: fuochi d’artificio sul mare, in Costa Azzurra. Mani alzate sulle teste degli spettatori, per filmare i giochi di luci e suoni che esplodono nel cielo stellato. Quanti di quei cameramen incalliti riguarderanno quel filmato in futuro? E perché guardare un filmato sul passato quando il momento non è stato vissuto nel presente?
Disconnect si compone di tre storie, tra loro molto diverse, che hanno in comune solo un elemento: la tecnologia e il suo uso all’interno della vita dei personaggi. Ci sono una storia di cyberbullismo finita male, una storia di prostituzione minorile via web e infine quella di una coppia derubata da un hacker.
Le aspettative che mi hanno mossa verso la visione di questo film, devo dire che sono state in parte deluse. Il titolo richiama ad un uso eccessivo di internet, che in realtà non è stato considerato dallo sceneggiatore.
La trama racconta più l’uso non consapevole della tecnologia, che l’uso eccessivo della stessa, almeno in due episodi su tre.
Nella storia del ragazzo che si prostituisce su internet, l’uso non consapevole non c’entra; la trama si focalizza maggiormante sullo sfruttamento: da parte del “protettore” e da parte della giornalista che realizza un reportage sul ragazzo, e che lo inganna per ottenere la sua fiducia. Internet in questo episodio è più la cornice che il quadro.
Carino, l’aggettivo che mi viene in mente, non certo “il miglior film dell’anno”, come era stato fatto intendere. Soprattutto in quanto, a parte nell’episodio sul cyberbullismo, emergono maggiormente altri temi rispetto a quello che dovrebbe essere l’argomento principale del film; ad esempio il lutto che ha subito la coppia e le conseguenze sulla loro vita di relazione, hanno un impatto emotivo sullo spettatore molto superiore a quello che ha la vicenda della truffa da parte dell’hacker.
Molto più apprezzabile il film Trust concentrato su uno solo dei rischi di internet: quello dello scambio di identità e della pedofilia. Il tema qui era trattato in modo dettagliato, anche dal punto di vista psicologico e relazionale. Per questo Trust rimane, per me, al momento, la migliore pellicola sul tema psicologia e tecnologie.